Polihandicap


Estratto autorizzato dal libro La conscience de soi au prisme du polyhandicap di Juliane Dind (pp. 21-22), Edizioni Fondazione ARES – Collana strumenti di lavoro*

Dal polihandicap ai polihandicap

A cura di Juliane Dind, Le Petit Conservatoire du Polyhandicap


Attualmente, non c’è consenso su una definizione di polihandicap nella letteratura francese e inglese. Tuttavia, un confronto delle definizioni utilizzate in ciascuna di queste culture scientifiche mostra che esse concordano sull’associazione caratteristica del polihandicap tra profondi deficit intellettuali e motori e frequenti deficit sensoriali, così come sulla conseguente estrema restrizione dell’autonomia (Groupe Polyhandicap France, 2002; Groupe Romand Polyhandicap, 2005; Hogg, 1999; Nakken & Vlaskamp, 2007; Saulus, 2008; SIRG-PIMD, 2001). Questi deficit sono interdipendenti: si potenziano e si aggravano a vicenda. Infatti, il polihandicap è di natura strutturale, è “un insieme costituito da deficit compartecipi, tali che ciascuno, nella sua espressione, dipende dagli altri, e, nella sua natura, può essere ciò che è solo nella e attraverso la sua relazione con gli altri” (Saulus, 2008, p. 161 [nostra traduzione]). Questo rende complessa qualsiasi compensazione, e complica il supporto da fornire alle persone con polihandicap. La definizione di riferimento nei paesi francofoni è quella del Groupe Polyhandicap France (2002):

Il polihandicap è una specifica situazione di vita evolutiva di una persona con una disfunzione cerebrale precoce o verificatasi durante lo sviluppo, che comporta dei gravi disturbi con espressioni multiple ed evolutive dell’efficienza motoria, percettiva e cognitiva, e della costruzione di relazioni con l’ambiente fisico e umano.

L’eziologia del polihandicap è multipla: le cause possono essere prenatali (anomalia della morfogenesi del sistema nervoso centrale), perinatali (sofferenza fetale acuta) o postnatali (meningite, trauma, …) (Ponsot & Boutin, 2017; UNAPEI, 2016). Il tasso di prevalenza è di circa 1 su 1000 secondo le cifre disponibili in Francia. L’aspettativa di vita di una persona con polihandicap è di 45-50 anni (Cardenoux et al., 2014; Dalla Piazza & Godfroid, 2004; Zucman, 2000).

Anche se le persone con polihandicap hanno in comune la gravità degli effetti causati dal polihandicap sul loro sviluppo (Petitpierre, 2006), esse costituiscono un gruppo molto eterogeneo con diversi livelli di funzionamento (Dalla Piazza & Godfroid, 2004; Munde, Vlaskamp, Vos, Maes, & Ruijssenaars, 2012; Nakken & Vlaskamp, 2007; Reid, Phillips, & Green, 1991; SIRG-PIMD, 2001; Vlaskamp, 2005a). Il termine “polihandicap” dovrebbe quindi essere usato al plurale piuttosto che al singolare, oppure si dovrebbe adottare la terminologia proposta da Nakken e Vlaskamp (2007) di “spettro del polihandicap”. Questi ricercatori hanno sottolineato la necessità, in futuro, di distinguere i sottogruppi all’interno dello spettro, al fine di descrivere il loro funzionamento e soddisfare meglio i loro bisogni specifici. Georges Saulus lo ha fatto distinguendo, sulla base della sua esperienza clinica, tre profili psicosviluppativi all’interno dello spettro del polihandicap: i profili I, II e III. Il profilo I si riferisce alle prime fasi dello sviluppo ed è caratterizzato da risposte motorie ed emotive massicce, globali e generalmente indifferenziate. L’intenzionalità di comunicare e agire è difficile da rilevare. Nel profilo II, il legame tra attività tonica e manifestazioni emotive si allenta progressivamente, i movimenti diventano intenzionali e le espressioni di piacere e dispiacere si differenziano. Nel terzo profilo, avvengono scambi più costruiti, si sviluppa la permanenza dell’oggetto e la consapevolezza di causa ed effetto, così come la capacità di fare scelte. Secondo Saulus, una persona con polihandicap può passare da un profilo all’altro nel corso della sua vita in direzione della progressione o talvolta della regressione; è quindi importante non considerare questi profili come stati fissi (2008, 2009, 2011).

Oltre all’identificazione dei diversi tipi di polihandicap all’interno dello spettro, è anche essenziale che in futuro sia possibile distinguere il limite superiore (Hogg, 1999) o i confini del polihandicap (Tourrette, 2014; Vlaskamp, 2005b). Questo richiederebbe una definizione più precisa dei criteri di inclusione nel profilo dello psicosviluppo di tipo III, così come i criteri di esclusione. Il gruppo di ricercatori SIRG-PIMD (Special Interest Research Group – Profound Intellectual and Multiple Disabilities) propone di distinguere tra un gruppo centrale che costituisce il cuore del polihandicap (caratterizzato, per ricordarlo, da profondi deficit motori e intellettuali) e altri due gruppi che comprendono individui con a) profondi deficit motori e un deficit intellettuale di minore gravità o b) un profondo deficit intellettuale e deficit motori di minore gravità (SIRG-PIMD, 2001). Ad oggi, tuttavia, non esiste una procedura standardizzata per distinguere accuratamente le persone appartenenti ai due gruppi adiacenti da quelle appartenenti al gruppo centrale.

*Estratto citato e tradotto con l’accordo dell’autrice e dell’editore. Per avere più informazioni sul libro e per acquistarlo o prenderlo in prestito, vi preghiamo di consultare la pagina dedicata sul sito della fondazione ARES.

Per saperne di più sul polihandicap:

Le Petit Conservatoire du Polyhandicap

info@polyhandicap.ch

+41 79 811 68 45

Rue de la Samaritaine 2

1700 Friborgo

Nell’ambito del polihandicap, ma non solo, un valido supporto nella didattica può essere fornito dalla Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA).

La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA)

A cura di Chiara Rigozzi, docente professionista SUPSI (DFA) e docente di classe inclusiva

A cosa serve

La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) è un approccio che ingloba l’insieme di tecniche, strategie, strumenti e ausili che cercano di facilitare e aumentare la comunicazione di persone che presentano un disturbo della comunicazione ricettiva e/o espressiva. Questi supporti sostengono e potenziano le abilità e le modalità già presenti nella persona.

La CAA può essere utilizzata per aumentare il linguaggio verbale quando è carente oppure per sostituirlo quando è assente. Può essere utile anche per aumentare la comprensione della comunicazione ricettiva.

Si tratta di un sistema multimodale, essendo una combinazione di modalità, strumenti, tecniche e strategie. La scelta del o dei sistemi da adottare dipende dai bisogni comunicativi della persona e dalle sue abilità. Non esiste una procedura standardizzata, ogni intervento viene personalizzato.

La CAA non frena e non impedisce lo sviluppo del linguaggio verbale, la si può quindi utilizzare con tutte le persone che incontrano dei bisogni comunicativi, indipendentemente dalla tipologia e dal grado di difficoltà.

Prima dell’intervento di CAA

Non sono necessari prerequisiti per poter implementare un intervento di CAA, è unicamente necessaria la partecipazione della persona ad interazioni sociali.

Prima di iniziare un percorso di CAA è primordiale effettuare una valutazione delle competenze, delle abilità e dei bisogni della persona. Per valutare le capacità di una persona bisogna osservare la sua comunicazione spontanea, il livello di maturazione raggiunto nella comunicazione e i possibili strumenti ai quali potrebbe aver accesso. Vanno inoltre valutate le occasioni comunicative che possiede e le strategie di interazione dei partner, per poter individuare le eventuali barriere alla comunicazione: barriere della persona riguardo le sue abilità (barriere dell’accessibilità) e barriere del contesto riguardo i partner comunicativi e l’ambiente (barriere delle opportunità).

I risultati ottenuti dalla valutazione iniziale permettono di fissare gli obiettivi dell’intervento e di identificare il sistema di CAA più idoneo per rispondere ai bisogni della persona, oltre che ad adattare l’ambiente per favorire le opportunità comunicative.

Intervento di CAA

L’obiettivo dell’intervento di CAA è quello di aumentare la comunicazione, rendendola funzionale per permettere alla persona di partecipare in maniera attiva in tutti gli ambienti della propria vita. Attraverso il sistema di CAA la persona deve riuscire ad esprimere richieste, scelte e commenti. Il supporto di CAA deve accompagnare la persona in ogni suo contesto di vita per riuscire a coprire tutti i suoi bisogni comunicativi.

Gli elementi emersi durante la fase di valutazione permettono di impostare un intervento per ridurre o togliere le barriere individuate e per creare delle opportunità di comunicazione.

Esistono varie tipologie di CAA: non assistita (lingua dei segni, comunicazione bimodale), assistita senza tecnologia (sistemi simbolici) e assistita con tecnologia (supporti elettronici).

Per rappresentare messaggi comunicativi in modo alternativo al linguaggio verbale vengono utilizzati i simboli. Questi vengono utilizzati per rispondere a vari bisogni: interazione comunicativa, comunicazione scritta, lettura di libri, supporto all’insegnamento scolastico, sostegno alla comunicazione ricettiva (comprensione).

I simboli utilizzati per la CAA possono essere dei simboli tangibili (oggetti, miniature di oggetti o parti di oggetti), delle fotografie o dei simboli grafici. Questi simboli possono essere posizionati su cartellini mobili, su strisce di cartone, appesi a superfici, inseriti in tabelle di comunicazione o in libri, oppure utilizzati all’interno di ausili elettronici con sintesi vocale (VOCAs).

La persona impara ad utilizzare la CAA attraverso il modellamento e con un intervento interattivo e pragmatico. Non si insegna in maniera artificiosa l’utilizzo dello strumento di CAA, bensì lo si inserisce all’interno delle interazioni comunicative in sostegno del linguaggio verbale del partner. La rivalutazione delle abilità, dei bisogni, delle strategie o degli ausili di CAA deve essere regolare per garantire un intervento efficace.

Esempi di simboli
Cantare con il metodo bimodale combinando voce e segni

Bibliografia

Beukelman, D. &  Mirenda, P. (2014). Manuale di Comunicazione Aumentativa e Alternativa. Interventi per bambini e adulti con complessi bisogni comunicativi. Erickson.

Costantino, M. (2012). Costruire libri e storie con la CAA. Erickson.

Sarti, P. (2002). Le prime facilitazioni al bambino con difficoltà di comunicazione. Auxilia

Schlosser, R. (2001). The Efficacy of Augmentative and Alternative Communication: Toward Evidence-Based Practice. Academic Press.

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