Disabilità intellettiva


La disabilità intellettiva

A cura di Elisa Geronimi e Michele Mainardi (SUPSI-DFA)


In passato, molti termini sono stati usati per definire questo tipo di disabilità. Citiamo, a titolo di esempio, i termini “idiozia”, “imbecillità”, “deficienza”, “debilità mentale”, “ritardo mentale” (Inserm, 2016). Molti di questi termini, vista la loro connotazione offensiva, sono progressivamente e fortunatamente caduti in disuso, altri – si pensi in particolare a “ritardo mentale” – restano in uso anche presso i professionisti del settore malgrado siano oramai superati. Oggigiorno è invece il termine disabilità intellettiva (dall’inglese intellectual disability) quello da utilizzare.

Cos’è la disabilità intellettiva?

Secondo l’American Association for Intellectual and Developmental Disabilities (AAIDD) (Schalock et al., 2010) e la quinta edizione del Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5) (APA, 2013) si parla di disabilità intellettiva quando le seguenti tre caratteristiche sono presenti:

  • Limitazioni delle funzioni intellettive, come per esempio il ragionamento, l’astrazione, la risoluzione di problemi, la pianificazione, il giudizio e l’apprendimento;
  • Limitazioni delle funzioni adattative, che hanno ripercussioni sul funzionamento in diversi ambiti della vita quotidiana, come la comunicazione, la partecipazione sociale e l’indipendenza.
  • L’inizio deve avvenire prima dell’età dello sviluppo (prima dei 18 anni secondo l’AAIDD).

Secondo l’American Psychiatric Association (APA, 2013) circa l’1% della popolazione ha una disabilità intellettiva, tuttavia il tasso può variare in funzione dell’età e dei criteri utilizzati (da 1% a 3%). Diverse le cause che possono essere all’origine delle disabilità intellettive. L’APA (2013) e l’AAIDD (Schalock et al., 2010) ne distinguono tre tipi su base temporale: prenatali (ca. 30%), perinatali/neonatali (ca. 20%) e postnatali (ca. 10%). Tra le cause prenatali troviamo ad esempio anomalie genetiche (trisomia 21, sindrome dell’X fragile, ecc.), malformazioni cerebrali o l’assunzione di alcool e altre droghe in gravidanza. Le cause perinatali si riferiscono a traumi e accidenti avvenuti durante il parto che possono causare per esempio un’encefalopatia neonatale. Infine, le cause postnatali includono avvenimenti come i traumi cranici, le infezioni, le intossicazioni o la privazione sociale. Tuttavia, non in tutti i casi è possibile risalire a una causa precisa, l’origine di questa disabilità è dunque talvolta sconosciuta (30-50%).

Quali variazioni di grado si possono distinguere?

Le persone con una disabilità intellettiva appartengono a un gruppo tutt’altro che omogeneo. Esistono infatti diversi gradi di disabilità distinti in quattro categorie principali: disabilità intellettiva lieve, moderata, severa e profonda. A seconda dei manuali si usano dei criteri diversi per definire l’appartenenza a una di queste categorie. Quel che però è comune a tutti è che vi è stato un abbandono del criterio del QI (che faceva quindi riferimento alle funzioni intellettive), per favorire il criterio del funzionamento adattivo. Il DSM-5 (APA, 2013) fa riferimento in particolare a tre ambiti in cui analizzare il comportamento adattivo: concettuale, sociale e pratico. La tabella sottostante mostra alcune differenze tra i quattro gradi riprendendo alcuni estratti del DSM-5 (APA, 2013) riferiti all’infanzia e alla scolarità (se non specificato diversamente).

GradoAmbito concettualeAmbito socialeAmbito pratico
LieveDifficoltà ad acquisire le competenze scolastiche, come la lettura, la scrittura, il calcolo, l’apprendimento dell’ora e il valore dei soldi.Immaturità nelle relazioni sociali rispetto ai coetanei (riferito all’età adulta).Può agire in maniera appropriata alla sua età, ma con un bisogno di assistenza più elevato rispetto ai coetanei nel compiere compiti quotidiani.
ModeratoDurante tutto lo sviluppo, le capacità intellettive restano ampiamente sotto la media dei coetanei, l’apprendimento è più lento e resta limitato rispetto a quello dei coetanei.Limiti nella comunicazione e nei comportamenti sociali: il linguaggio parlato è il principale mezzo di comunicazione ma resta a un livello di complessità nettamente inferiore a quello dei coetanei, non sempre vi è la capacità di interpretare i codici sociali.Può esserci una certa autonomia per i bisogni primari, ma è necessario un lungo periodo di educazione per riuscirci e possono comunque essere necessari dei promemoria (riferito all’età adulta).
SeveroAcquisizione delle competenze concettuali limitata, poca comprensione del linguaggio scritto e delle nozioni che comportano numeri, quantità, soldi, tempo.Linguaggio parlato limitato sia in termini di vocabolario che dal punto di vista grammaticale, discorsi incentrati sul “qui e ora”, comprensione di discorsi semplici e della comunicazione a gesti.Necessità di aiuto per tutte le attività della vita quotidiana, anche per i bisogni primari.
ProfondoCompetenze intellettuali incentrate sul mondo fisico piuttosto che su quello simbolico.Comprensione molto limitata della comunicazione simbolica, espressione soprattutto con la comunicazione non verbali e non simbolica.Dipendenza dagli altri per tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Tratto da: DSM-5 (APA, 2013)

Per quanto riguarda la prevalenza, è difficile fornire delle cifre esatte, dato che dipendono dai criteri e dagli strumenti utilizzati. Sappiamo però che la maggior parte dei casi la disabilità intellettiva è lieve (circa l’85%), mentre in circa il 10% dei casi è moderata e nel 5% circa restante è severa (3/4%) o profonda (1%).

Come può essere diagnosticata

Esistono diverse scale per misurare le funzioni intellettive e il comportamento adattivo. Per quanto riguarda le prime, ci sono per esempio Wechsler: la WPPSI (Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence) per i bambini dai 4 ai 6 anni e la WISC (Wechsler Intelligence Scale for Children) per bambini e ragazzi dai 5 ai 16 anni e mezzo. Quest’ultima è la più utilizzata e misura 4 indici: la comprensione verbale, il ragionamento visuo-percettivo, la memoria di lavoro e la velocità di elaborazione. Il funzionamento adattivo può essere invece misurato attraverso degli strumenti, per esempio le scale ABAS (Adaptive Behavior Assessment System) o le scale Vineland (Vineland Adaptive Behavior Scales), che valutano questo funzionamento in diversi ambiti.

In molti casi, si pensi in particolare alle sindrome genetiche, il bambino viene già diagnosticato alla nascita, talvolta anche prima. In altri casi invece la disabilità intellettiva non appare subito evidente ed è durante la scolarità che ci si accorge della sua presenza.

Se siete docente e avete dei dubbi su un vostro allievo, è importante segnalarlo ai servizi scolastici competenti e abilitati per effettuare questo tipo di valutazione e per rispondere alle vostre domande e ai vostri dubbi.

Bibliografia

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (5th ed.). Washington, DC: APA.

Inserm. (2016). Déficiences intellectuelles. Collection expertise collective. Montrouge : EDP Sciences.

Schalock, R. L., Borthwick-Duffy, S. A., Bradley, V. J., Buntinx, W. H. E., Coulter, D. L., Craig, E. M., et al. (2010). Intellectual Disability. Definition, classification, and systems of supports (11th ed.). Washington, DC: American Association on Intellectual and Developmental Disabilities.

Contatti utili per il cantone Ticino – CH –

DECS – Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport

Sezione della Pedagogia Speciale

Servizio di sostegno pedagogico

Insegnare ad allievi/e con disabilità intellettiva


Le limitazioni delle funzioni intellettive tipiche di questo tipo di disabilità hanno un impatto sullo sviluppo intellettivo, sull’apprendimento e sul rendimento scolastico, dato che comportano difficoltà a livello di processi mentali, non da ultimo di astrazione, di memoria (anche a corto termine), di trasferibilità e generalizzazione di competenze in ambienti diversi da quello in cui contestualmente l’apprendimento ha luogo. Per questo motivo, i contenuti e gli apprendimenti devono essere particolarmente calibrati rispetto alle caratteristiche e alle abilità dell’allievo/a. È importante semplificare i compiti intellettivi rendendo esplicitamente alla portata dell’allievo/a il materiale e i testi (significanti, relazioni indotte, deduzioni e altre operazioni mentali richieste), tenendo però sempre presente la sua età cronologica onde evitare la sua infantilizzazione nel rapporto con i suoi pari. È altresì importante lavorare sull’ambiente fisico e sull’intero gruppo classe.

L’accessibilità degli ambienti e delle situazioni scolastiche: un principio inderogabile

Per intervenire sull’accessibilità degli ambienti e delle situazioni scolastiche è necessario in primo luogo l’apprezzamento qualitativo del funzionamento intellettivo e adattivo in situazione: 

  1. Le abilità cognitive dell’allievo/a: In quest’area deve essere valutato il funzionamento intellettivo osservato attraverso il suo modo abituale di operare nelle principali funzioni cognitive o processi mentali (stato delle abilità mentali che rendono possibile l’apprendimento). La prima di queste è l’attenzione, valutabile in base a tre caratteristiche: quella della selettività (quanto l’alunno/a è in grado di opporsi a stimoli irrilevanti che lo distraggono dal compito), della capacità attentiva (ossia la capacità di elaborare contemporaneamente stimoli diversi o vari aspetti di una situazione stimolo complessa) e la durata (il tempo in cui l’alunno è in grado di mantenere l’attenzione). La seconda abilità cognitiva è la memoria, che deve tener conto della distinzione tra memoria a breve termine (MBT) e memoria a lungo termine (MLT). Altri due processi importanti per l’apprendimento sono la discriminazione (saper rilevare differenze tra situazioni stimolo diverse e generare risposte diverse) e la generalizzazione (saper estendere una strategia di risposta a più situazioni diverse). Tra le abilità cognitive si può introdurre anche quella di problem solving (risolvere problemi) e planning (programmare ed eseguire sequenze di azioni).
  2. Le abilità metacognitive, stili cognitivi e di apprendimento:  comprendere cosa l’alunno/a sa del funzionamento dei processi mentali (sul “come” si ricorda, si impara, si sta attenti…), quanta consapevolezza ha dei suoi processi mentali e delle proprie strategie, cosa fa attivamente per dirigere il proprio processo di apprendimento.
  3. Le abilità di comunicazione e le conoscenze linguistiche: per valutare tali abilità occorre fare riferimento a diversi aspetti, in primo luogo all’intento comunicativo, ossia alla volontà da parte dell’alunno/a di entrate in comunicazione con gli altri, poi alla padronanza dei mezzi, ossia dei livelli fonologico, morfologico, sintattico e delle conoscenze a livello semantico (senza dimenticare che l’uso di un significante non veicola direttamente la padronanza del suo significato). Inoltre è importante valutare le funzioni pragmatiche della comunicazione, ossia le competenze riferite alle situazioni in cui la comunicazione viene utilizzata per chiedere aiuto, esprimere un parere, dare informazioni, ecc.
  4. Le abilità interpersonali/sociali: tutte quelle abilità che rendono adeguate e positive le interazioni con gli altri. Competenze e atteggiamenti che consentono all’allievo/a di perseguire le proprie intenzioni senza ostacolare quelle altrui e/o senza provocare reazioni di difesa o di controllo diretto nei confronti dei suoi comportamenti: contenuti, forme e livelli di interazioni che vanno dal semplice saluto alla gestione delle proprie emozioni in situazioni date (eccitanti o stressanti ad esempio).
  5. L’autonomia personale: concerne le autonomie acquisite nell’alimentazione, nell’igiene personale, nello svestirsi e vestirsi, nel riconoscere i pericoli nello spostarsi da un ambiente ad un altro, le capacità di saper eseguire autonomamente compiti assegnati e di applicare strategie in modo adeguato ed ecologicamente valido… e nella capacità di generalizzazione delle varie abilità da un contesto a un altro.
  6. L’autonomia sociale: si osservano le capacità di intrattenere relazioni con i pari e con gli adulti, di riconoscere e muoversi negli spazi noti e interessati dalla presenza di persone usuali come ad esempio gli ambienti scolastici conosciuti, o anche sconosciuti come nel caso del tragitto casa scuola o di altri luoghi o spazi pubblici (autobus, ristorante, …).
  7. La motricità e la percezione: oltre alle abilità fino-motorie e grosso-motorie, interessano anche caratteristiche quali l’accuratezza dei movimenti, il controllo della forza posta in un determinato movimento e la tenuta dello sforzo in una determinata postura o movimento.
  8. Il gioco e le abilità espressive: un complemento importante per una visione d’insieme di quanto sopra esposto lo può fornire l’osservazione in particolare (1) del gioco nelle attività manipolatorie, esploratorie e costruttive, (2) delle abilità di ricercare un’attività in un momento di “noia” o di assenza di occupazione, di iniziarla/promuoverla in modo autonomo (solo o verso terzi) e dedicarvisi sfruttandola per quello che può dare in termini di proprietà (generative anche di possibili futuri interessi) nonché (3) delle abilità raggiunte nei giochi sociali, nel cogliere e assecondare regole e turni ad esempio e (4) degli interessi e delle capacità sviluppate in relazione al tempo libero (hobby, attività extra scolastiche, …)
  9. Gli interessi e le “resistenze/reticenze”: poter contare sulla conoscenza degli interessi significa poter disporre di elementi di personalizzazione facilitanti l’allestimento di situazioni e sequenze di apprendimento e allo stesso tempo sapere che determinate cose, tipi di sollecitazioni o di stimolazioni possono generare reticenze o resistenze al coinvolgimento.

Coinvolgimento del gruppo classe: tutoring e apprendimento cooperativo

In una prospettiva di didattica aperta, una prima serie di strategie interessa l’immersione nel gruppo classe sfruttandone l’eterogeneità in termini di tutoring e di sviluppo per tutti. È infatti possibile applicare il tutoring, ovvero chiedere a un allievo/a maggiormente competente di affiancare il/la compagno/a con più difficoltà. Questo permette non solo all’allievo/a più fragile di migliorare, ma anche al tutor di rafforzare le sue conoscenze, non da ultimo a livello metacognitivo.

In un’ottica simile, è altresì possibile mettere in pratica l’apprendimento cooperativo, al fine di far collaborare gli/le allievi/e per raggiungere un obiettivo comune. Questa modalità di apprendimento permette non solo di acquisire nuove conoscenze, ma anche di sperimentare la collaborazione, l’empatia, l’ascolto reciproco, esercitando tanto la dimensione disciplinare degli apprendimenti quanto quella educativa e inclusiva. 

L’ambiente e lo spazio fisico

Una particolare attenzione deve essere riservata anche alla predisposizione e all’allestimento degli spazi. L’ambiente e lo spazio fisico hanno un’enorme importanza, dato che possono aiutare a strutturare, contenere, agevolare e prevedere. Generalmente, per l’alunno/a con disabilità intellettiva, ma non solo, vedere aiuta a capire, prevedere e anticipare. Il contesto è e può diventare supporto al pensiero. Per questo motivo, l’utilizzo di sussidi visivi (come le fotografie o i pittogrammi), il materiale concreto e la manipolazione possono rivelarsi molto utili. Alla scuola dell’infanzia di regola lo spazio è già organizzato e strutturato in ambienti e tramite riferimenti visivi che suggeriscono azioni e comportamenti, che sono altrettanti indicatori di ambiti e attività…  mentre nelle scuole elementari e medie la fisicità del referente cede progressivamente il passo alla simbologia e al referente altrimenti evocato in sua assenza. I supporti visivi possono essere utilizzati anche per strutturare il tempo e l’organizzazione del lavoro, definendo con chiarezza i ritmi, la sequenza e l’organizzazione delle attività e la strutturazione delle routines. L’utilizzo di supporti visivi è molto importante anche per sviluppare, sostenere e/o migliorare la comunicazione. Il docente può infatti sfruttare più canali sensoriali per rafforzare l’esperienza comunicativa e l’immagine di senso (il significato) che qualificano la situazione di apprendimento-insegnamento.

In questo tipo di prospettiva didattica ed educativa rientra certamente anche la riflessione sul contributo fornito dalla Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) a supporto della lingua unimodale. Per saperne di più, consulta la sezione Polihandicap –> Consigli per i/le docenti.

Bibliografia

Mainardi, M. (2013). L’apport de la «défectologie moderne» aux pédagogies: en deçà de la zone proximale de développement (ZPD). In J. P. Bernié & M. Brossard (eds) (2013). Vygotski et l’école, Bordeaux, Presses Universitaires de Bordeaux, pp. 357-365. Pubblicato con autorizzazione anche in https://ojs.pensamultimedia.it/index.php/sipes/article/view/338

Ianes, D., Celi, F., & Cramerotti, S. (2003). Il piano educativo individualizzato. Guida 2003-2005. Erickson.

Parlarne in classe


Libro e film

Mio fratello rincorre i dinosauri

Libro di Giacomo Mazzariol (2016)

Film tratto dall’omonimo romanzo e diretto da Stefano Cipani (2019)

Il libro e il film raccontano la storia di Jack e del suo fratellino Giovanni, che ha la sindorme di Down. Jack desiderava tanto un fratellino con cui giocare ed è felicissimo del suo arrivo. Scopre che il suo fratellino viene definito “speciale” e pensa quindi che sia un supereroe. Tuttavia, crescendo si rende conto che Giovanni non è esattamente come gli altri bambini e che non ha dei superpoteri, fino al punto da arrivare a vergognarsene in adolescenza. Una volta passata questa fase però, Jack scopre dei nuovi lati di suo fratello e si rende conto che in fondo non aveva tutti i torti: Giovanni è davvero un supereroe.

Letture

Daniel, oltre la sindrome di Down

scritto da Monica Induni-Pianezzi (Associazione Avventuno) e illustrato da Alessia Passoni

Questo racconto illustrato è pensato per parlare di sindrome di Down e di inclusione, in particolare ai bambini delle scuole elementari (dagli 8 anni) e ai ragazzi delle scuole medie. Attraverso una storia di amicizia, questo racconto mette in risalto valori fondamentali quali l’empatia, il rispetto per la diversità e l’accoglienza.

Per avere più informazioni sul libro o per ordinarlo, vi invitiamo a consultare la pagina dedicata sul sito dell’Associazione Avventuno.

“Colla”: un incontro straordinario

Fumetto ideato dal Centro Emiliano Problemi Sociali per la Trisomia 21 (CEPS Trisomia 21) per spiegare la Sindrome di Down a bambini e ragazzi. Il fumetto racconta cosa è accaduto a livello cromosomico a un bambino con questa sindrome, quali difficoltà deve affrontare e quali qualità e risorse possiede. Grazie a questo racconto gli allievi potranno informarsi correttamente e abbattere i pregiudizi e i luoghi comuni (alla fine della storia vengono infatti citati e sfatati molti stereotipi).

Il fumetto è scaricabile gratuitamente tramite il sito del CEPS Trisomia 21, è anche possibile ordinare delle copie cartacee scrivendo all’indirizzo email: ceps@ceps.it.

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