Inclusione e accessibilità a scuola e in ogni altro ambiente e situazione di vita
A cura di Michele Mainardi, Prof.dr (SUPSI-DFA)
Per inclusione intendiamo: l’accoglienza di ogni persona entro spazi comuni d’accesso realmente comune, in seno ad ambienti e situazioni capaci di riconoscere i tratti di diversità di alcuni mettendo a disposizione ad ogni cittadino/a, in analogia a quanto messo a disposizione agli altri, quanto necessario per essere, così come è in tali ambienti e contesti comuni.
A scuola e nelle formazioni in genere: l’inclusione scolastica, in seno ad ambienti e pratiche usuali e comuni, mira a prestare le migliori attenzioni possibili ai bisogni educativi e formativi di tutti, progettando ed organizzando gli ambienti di apprendimento e le attività per consentire ad ognuno, così come è, di partecipare alla vita di classe, all’apprendimento e alle altre situazioni di vita, nella maniera più attiva, valida, autonoma e autodeterminata possibile (per sé e per gli altri).
I processi e le misure di attenzione verso l’accessibilità degli ambienti, delle situazioni e dell’opportunità d’esperienza mirano a prevenire, compensare o evitare l’iniquità delle situazioni entro spazi comuni, mettendo a disposizione di taluni, in analogia a quanto messo a disposizione agli altri, il necessario per essere così come sono in tale spazio comune senza con questo creare pregiudizio per gli uni o per gli altri a causa del focus, dell’intensità e/o della qualità delle attenzioni.
Nel caso della scuola, l’inclusione si realizza esclusivamente entro comunità di apprendimento in cui ci si rispetta e in cui tutti prestano attenzione agli altri e questo indipendentemente dalla forma e dalla forza che tale reciprocità può assumere a livello educativo e formativo, sia per chi presta attenzione che per chi di volta in volta la riceve e la restituisce, nel breve e medio termine.
Per accessibilità intendiamo: la proprietà inscritta negli ambienti di consentire l’accesso a un luogo, a una esperienza, a un’opportunità o a una risorsa, analogamente a quanto consentito e proposto ad altri, senza dover far capo a condizionamenti particolari e indipendentemente dalla presenza o meno di disabilità, disturbi o svantaggi e/o di ogni altra forma di diversità, dal genere all’età, dall’orientamento sessuale all’etnia, alla religione.
In questo contesto di senso, sostenuto da concetti antecedenti di barrier-free, di user-friendly, di accessibilità, dallo sviluppo di tecnologie adattive e assistive, che prende forma e sostanza la prospettiva dell’universal design che prepara e predispone ambienti, materiali e situazioni… all’accessibilità.
L’accessibilizzazione è il prerequisito all’inclusione e l’imperativo della scuola (Ebersold, 2021).
All’appellativo di scuola inclusiva preferiamo quello di scuola dell’accessibilità, in quanto le ambizioni di quest’ultima vanno per definizione oltre la pur valida considerazione di misure compensatorie puntuali e specifiche eccezionali.
La scuola dell’accessibilità implica l’accomodamento di referenti e riferimenti pedagogici e didattici orientati dal principio dell’accessibilità per tutti, all’interno di schemi e di strutture d’azione pre-esistenti, tradizionalmente sperimentati talvolta assurti a tratti identitari per la professione docente. Schemi e strutture d’azione in cui riconoscersi o da cui distinguersi se del caso per realizzare le finalità auspicate e dichiarate dalla maggioranza delle nazioni e fatte proprie dai sistemi educativi e formativi di tutto il mondo.
La volontà di inclusione, ma ancor di più quella di accessibilizzazione, pone la scuola entro un quadro che deve aprirsi sempre più all’accoglienza e all’accessibilità: una realtà consolidata e pre-esistente che non vuole più escludere dalle attenzioni del “mainstream” scolastico chi già non era, o ancora non è, incluso.
La scuola dell’accessibilità non può «limitarsi» ad assimilare l’eterogeneità, ma deve confrontarsi con tratti di «individualità» che nel passato hanno giustificato l’esclusione di alcuni dagli ambienti della scuola dell’obbligo, modulando il proprio «funzionamento» per accogliere e seguire in modo adeguato ognuno, incrementando se necessario le qualità della sua azione, dei suoi ambienti e dei suoi strumenti educativi e formativi.
Bibliografia
CAWI (2015). Advanced Equity and inclusion. Ottawa, p.17.
Ebersold, S. (Ed.) (2021). L’accessibilité ou la réinvention de l’école. London: ISTE Edition.
Mainardi, M. (2021). Educational accessibility: a catalyst for innovative practices. In: S. Ebersold (Ed.). L’accessibilité ou la réinvention de l’école (pp. 63-80). London: ISTE Edition.
Mainardi M. (2022) Inclusione e scuola. Verifiche : cultura, educazione società. Anno 53, N° 03 ; ottobre 2022, p.5-7
In classe con la diversità
A cura di Laura Rusconi (SUPSI-DFA), curatrice con Lorenzo Perucchi della pubblicazione A scuola con la diversità (2019), Centro di risorse didattiche e digitali, Bellinzona.
Nelle aule scolastiche si percepisce una crescente eterogeneità di scenari, allievi e competenze e i docenti si trovano a dover far fronte a questa complessità in maniera proattiva.
In classe con la diversità è un progetto pensato per diffondere nelle scuole una cultura dell’accoglienza nei confronti delle diversità con una specifica attenzione nei confronti delle disabilità.
In linea con le competenze trasversali promosse dai nuovi piani di studio della scuola dell’obbligo ticinese questo progetto si propone di fornire un manuale ricco di spunti e strumenti per affrontare nelle classi questo tema.
Il manuale contiene una serie di proposte operative che servono da stimolo per attivare itinerari in classe che ruotano attorno al tema della diversità. Questo supporto si completa di una valigetta contenente materiali utili a sostenere le attività ludico didattiche proposte. Lo scopo è quello di suggerire delle piste, fornire degli spunti, per stimolare l’approccio al tema o avviare delle riflessioni orientate sulle diversità. I materiali possono essere utilizzati in modo libero; diventare altrettanti punti di partenza per creare dei percorsi diversificati, a corto, medio e/o lungo termine. Percorsi che rispondono a bisogni puntuali o che coinvolgono una, più classi o un’intera sede.
Nel rispetto e nella valorizzazione dell’autonomia e della responsabilità di ogni docente, la portata dei contenuti può essere indirizzata secondo le motivazioni, gli interessi e le questioni emergenti, delle classi o della sede, facendo capo alle attività proposte sia per affrontare unicamente le diversità interindividuali sia per prendere in causa alcune questioni più specifiche legate alle disabilità. Le proposte sono pensate per allievi nella fascia d’età di scuola elementare, ma possono venir adattate ai contesti di scuola dell’infanzia e scuola media, interessando potenzialmente tutta la scuola dell’obbligo. L’intento è quello di supportare tante attività e percorsi differenti quante sono le realtà e gli ambiti in cui questo strumento viene utilizzato. L’augurio è che il presente manuale e il materiale che lo accompagna, possano rimanere aperti, generativi di attività e percorsi capaci di evolvere e cogliere le nuove esperienze che ogni docente, allievo, classe, sarà capace di creare attraverso la bellezza della scoperta e della considerazione reciproca tanto in quanto ci accomuna che in quanto ci distingue e ci rende unici.
Il manuale
Il manuale contiene 45 schede operative organizzate in tre diverse aree tematiche.
COME SEI TU?
- Attività che favoriscono la conoscenza e l’accettazione delle diversità e la scoperta di alcuni aspetti legati alle disabilità
- Attività che simulano la realtà di persone con deficit o disabilità.
COME SONO IO?
- Attività che favoriscono la consapevolezza di sé, delle proprie peculiarità e diversità, attraverso le percezioni proprie e altrui
- Attività che portano a riflettere sull’esistenza di punti di vista differenti e sulla possibilitàdi cambiare il proprio sguardo.
L’INCONTRO
- Attività che portano a riflettere sul valore e l’importanza delle diversità e i sui limiti della «norma»
- Attività che favoriscono la riflessione sugli atteggiamenti, comportamenti e condizioni ambientali che promuovono l’inclusione sociale.
La valigetta
La valigetta contiene giochi, letture, filmati e altri supporti utili a sostenere le attività in classe.
I materiali sono disponibili presso i centri didattici cantonali e presso la biblioteca del Dipartimento formazione e apprendimento.
Il progetto è stato ideato e realizzato dai docenti Laura Rusconi e Lorenzo Perucchi con il patrocinio della Sezione della Pedagogia Speciale (Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport).
Per informazioni:
dfa.bess@supsi.ch
Bibliografia
Laura Rusconi, Lorenzo Perucchi (a cura di) (2019) A scuola con la diversità. Centro di risorse didattiche e digitali, Bellinzona.
Insegnare in classi inclusive
A cura di Michele Mainardi e Elisa Geronimi (SUPSI-DFA)
La scuola dell’accessibilità pone ogni allievo e ogni allieva al centro delle sue attenzioni. Si tratta di conoscerli bene tutti, per anticipare e seguire le loro esperienze di apprendimento e i loro progressi; di creare condizioni adeguate anche in termini di tempo e di maniera nel perseguire le competenze previste dal piano degli studi ufficiale: l’apprendimento e la crescita individuale sono il punto di riferimento sia per l’allievo/a che per l’insegnante. Questo concerne “piani e progetti educativi individualizzati” così come qualsiasi altro strumento o strategia di pianificazione differenziata e di gestione personalizzata della formazione. Si tratta di strumenti e strategie che promuovono e supportano il coordinamento e la collaborazione tra le parti nella misura in cui mirano esplicitamente a: 1) dichiarare un progetto dettagliato; 2) coinvolgere i vari portatori d’interesse; 3) concentrarsi sul processo di sviluppo e sui bisogni identificati (CSEQ, 2017, p. 40).
Fra l’idealizzazione e il praticabile
È soprattutto nella transizione da un ciclo all’altro, da un ordine di scuola all’altro, che i percorsi educativi e formativi fanno capo (attraverso il riferimento a condizioni certificazione e di ammissione specifiche) a filtri ricavati da criteri scelti a torto o a ragione per “raggruppare o ripartire gli allievi” all’interno di singole strutture o di un sistema educativo e formativo. È in questi momenti che la scuola ritiene di dover giudicare la relazione fra la rilevanza dei risultati certificati e l’idoneità degli studenti in una struttura di ordine superiore. Lo fa sulla base della coincidenza del risultato individuale con la pianificazione ufficiale dell’apprendimento di competenze e la loro collocazione nel tempo/spazio/programma scolastico. Si tratta di questioni inevitabili riferite a pratiche forse idealizzate che i professionisti coinvolti nella praticabilità di percorsi accademici inclusivi devono affrontare con urgenza.
Dall’inverno 2017 abbiamo avuto l’opportunità di seguire una sperimentazione nel settore dell’obbligatorietà che ha voluto promuovere la “riconfigurazione” di alcuni elementi del nucleo pedagogico degli ambienti scolastici (OCDE, 2014): il raggruppamento degli allievi e il raggruppamento dei professionisti. Tale riconfigurazione ha interessato la ripartizione dei compiti, la differenziazione strutturale dei luoghi dell’insegnamento, il grado di eterogeneità degli alunni delle classi e ha dato luogo a classi dette “inclusive” e al co-insegnamento tra insegnanti di scuola materna o primaria e insegnanti specializzati/e precedentemente incaricati/e quest’ultimi/e della conduzione di classi speciali. Insegnanti “regolari” e insegnanti “specializzati/e” sono stati/e invitati/e a lavorare insieme quali contitolari di classi molto eterogenee in termini di bisogni educativi (circa un terzo degli alunni presentava una diagnosi di disabilità o un disturbo neuro-evolutivo diagnosticato).
Lo studio esplorativo che ha accompagnato il progetto (Giovannini e Mainardi, 2019) ha fatto notare alcune importanti frizioni identitarie tra “regolari” e “specializzati” riguardo: 1) la percezione del progresso degli allievi; 2) la valutazione e la certificazione delle competenze e 3) la relazione con la norma per l’attestazione del progresso individuale. Si tratta di aspetti che concernono direttamente i raggruppamenti menzionati, ma che interessano soprattutto la loro relazione con altri elementi costitutivi del nucleo pedagogico, come la forma e i tempi dell’apprendimento e le valutazioni.
Parecchie le discussioni sul rapporto fra risultati osservati e lo standard normativo di progresso. Una insegnante “speciale” ci ha parlato con un certo orgoglio dei risultati degli alunni con bisogni educativi speciali presenti nella classe inclusiva. La sua collega, “regolare” e contitolare, ha immediatamente precisato: “Sì, stanno facendo progressi, ma restano indietro!”
L’aneddoto riferisce a un aspetto del paradigma normativo di riferimento. Un paradigma desueto in quanto la componente temporale nell’apparizione di una competenza non qualifica la competenza in quanto tale, ma la sua coincidenza o lo scarto tanto in un senso (anticipo) che nell’altro (ritardo) rispetto ad un ipotetico ritmo “ideale”. Nel caso specifico appena citato l’insegnante non mette in discussione i progressi o le competenze acquisite, ma sottolinea il divario con tempi “normali e normativi” di osservazione di progressi e competenze: quelli dei programmi scolastici. Il ritmo di apprendimento sembrerebbe essere almeno altrettanto importante e pressante dell’apprendimento.
Una diversa prospettiva altrimenti “compensatoria” è quella che giustificherebbe l’apprezzamento e l’investimento sul progresso nonostante una deviazione dalla norma tanto in un senso che nell’altro. La deviazione positiva o negativa da uno standard temporale dato deve essere accettata come una possibilità nella scuola dell’accessibilità. L’allievo, ogni allievo, deve essere portato a fare progressi in linea con il progetto educativo e il continuum di competenze previsto: questa è una delle principali finalità della scuola. La vera domanda è se questo risultato individuale può essere migliorato/accelerato dall’azione sulle variabili di contesto, indipendentemente dal riferimento, a cadenze nelle produzioni competenti usualmente considerate come risultato medio.
Tale riflessione si applica evidentemente sia a chi ha ritmi più “lenti” rispetto alla norma sia agli allievi che sono più “rapidi” della media (Winebrenner, 2001). In un caso come nell’altro questo non mette in discussione la qualità delle competenze acquisite e l’attenzione rivolta agli alunni. La norma proietta un ordine “tipico” di sviluppo delle competenze e la scuola dell’accessibilità non ne esclude altri a priori.
Questo, per non privare nessuno dell’apporto di vettori educativi e formativi o di qualsivoglia altro presupposto allo sviluppo e alla condizione individuale futura di ognuno, ha portato nel tempo e con cognizione di causa a sviluppare attenzioni dedicate anche a persone precedentemente escluse dal “mainstream” scolastico.
Per la scuola “regolare” però il rapporto con la norma temporale resta un indicatore importante della prestanza scolastica quale condizione di passaggio da una classe, un ciclo, un ordine di scuola ad un altro, ecc. L’approccio compensatorio generalmente in uso assume come punto di riferimento la norma. La compensazione sarebbe presa in considerazione quando una potenziale o reale deviazione fosse attribuibile ad aspetti specifici e diagnosticati (riconducibili alla nozione di “bisogno educativo speciale”). Nel principio alla base di tale possibilità figurerebbe la possibilità eccezionale di aggirare, contenere o superare negli ambienti “normali” alcuni effetti “puntuali” derivanti da tali aspetti con l’adozione di misure compensative (più tempo a disposizione, possibilità di usare aiuti, ecc.) o misure dispensative, eccezionali.
Trasformazioni e sviluppi nei sistemi educativi e formativi
Nel caso delle disabilità si è passati da una differenziazione strutturale, una prima fase di attenzioni dedicate in cui l’educazione speciale coincideva con dei luoghi speciali (istituti, scuole, classi,…) a delle fasi successive di integrazione, episodica prima e sistematica poi, dimostrando l’efficacia e l’interesse di una differenziazione didattica per i singoli e per le società, mettendo sempre più in discussione la pertinenza di una ripartizione dei compiti fra “regolari” e “speciali” e la ripartizione degli allievi secondo criteri di opportunità definiti tali su base monocriteriale che hanno interessato o interessano ad esempio aspetti quali la tipologia dei deficit, l’età cronologica o il genere, ecc. Assunti scientificamente ed eticamente discussi e superati cedono il passo a crescenti evidenze empiriche che alimentano l’impegno, affinano lo sguardo degli interessati e precisano gli oggetti di studio di una scuola che universalmente si vuole sempre più di qualità e in questo ancor più attenta all’eventualità di un’esclusione strutturale ingiustificata di allievi e allieve dagli ambienti scolastici, educativi e formativi, di base e per tutti.
Tale svolta rende attenti a tutte le situazioni; porta allo studio delle opportunità in situazione e alla nascita del concetto di Bisogno educativo speciale riferito fin dalla sua creazione (1978) a una condizione riconosciuta in corrispondenza con oggettive difficoltà riscontrabili in situazioni di apprendimento usuali e non si esaurisce nelle attenzioni verso gli allievi con disabilità diagnosticate o con disturbi evolutivi specifici diagnosticati. Praticare una prassi includente oggi significa mettere in atto delle condizioni per non discriminare nessuno a favore di altri e per consentire ad ognuno di trarre un ulteriore vantaggio dalle nuove condizioni che tale opzione porta con sé.
La classe inclusiva in Ticino
È la risultante della fusione fra una classe a effettivo ridotto gestita da docenti specializzati e una classe di scuola regolare della scuola dell’obbligo. Questa tipologia di classe è caratterizzata da una situazione di co-insegnamento (co-teaching) e contitolarità di classe del/la docente “regolare” e del/la docente specializzato/a e comporta l’accomodamento di un’identità professionale di fondo: da docente “regolare” e “specializzato” i/le titolari diventano co-docenti “inclusivi”.
Per saperne di più:
- Insegnare in classi inclusive. Agire e capitalizzare l’innovazione: l’esperienza ticinese
- Classi inclusive in Ticino. Studi di caso
- L’accessibilité pédagogique : un catalyseur de pratiques novatrices
Testimonianze di docenti di classi inclusive…
…dalla scuola dell’infanzia
“Non esiste una sola ricetta per costruire un’inclusione efficace, ma probabilmente i tre ingredienti principali sono: la comunicazione, la co-progettazione e il co-insegnamento. Una sana comunicazione tra i docenti della classe, basata sulla fiducia reciproca e la considerazione dei punti forti e deboli di ognuno, permette la riuscita di una buona progettazione comune e l’utilizzo di modelli di co-insegnamento variati.”
“Vivere l’inclusione è per noi mostrare ai bambini, attraverso la co-docenza, come l’incontro di personalità diverse sia un arricchimento e non un ostacolo. È la spontaneità di un applauso da parte del gruppo per i traguardi raggiunti. È la certezza di mostrare una propria creazione e di ricevere un complimento sincero. È l’accettazione tacita dell’altro; ad adeguarsi non sono le persone bensì l’ambiente.”
…dalla scuola elementare
“La buona riuscita di un’esperienza inclusiva dipende dalla capacità dei docenti coinvolti di lavorare in team rispettando le specificità del singolo, di collaborare e condividere successi e preoccupazioni. La parola-chiave è la comunicazione: quello che risulta chiaro per una persona, non lo è forzatamente per l’altra. La programmazione settimanale va discussa insieme permettendo al docente regolare di rispettare i ritmi suggeriti dal programma e al docente di scuola speciale di rispettare i bisogni educativi dei bambini inclusi. Nelle lezioni condivise, così come nella moltitudine di proposte giornaliere che rendono il nostro lavoro così affascinante, i ruoli devono essere chiarificati con anticipo per far sentire a proprio agio tutte le parti coinvolte. In altre parole, in una classe inclusiva la complessità, ma anche la ricchezza è data dai due ordini di scuola che devono cercare di amalgamarsi come i colori su una tavolozza. Se si mescolano troppo, perdono la propria unicità. Se si uniscono mantenendo le proprie peculiarità, possono creare un capolavoro.”
“Per una buona riuscita di un progetto inclusivo occorre essere curiosi e aperti verso la diversità: verso la diversità di tutti gli allievi che compongono la classe, verso la diversità dei colleghi e dei loro modi di intendere e agire la scuola e verso la propria diversità cogliendo nel confronto con l’altro l’opportunità di conoscere più a fondo sé stessi.”
“Nella mia esperienza quale docente inclusiva mi sono resa conto di quanto la spinta a voler differenziare e rendere accessibile l’apprendimento porti ad una preziosa riflessione e approfondimento anche dal punto di vista della conoscenza disciplinare. Per poter scomporre e rendere flessibile un apprendimento occorre arrivare alla sua essenza, padroneggiarlo e interrogarsi a fondo sul senso che assume.”
“Nell’ambito della codocenza un aspetto che ho sentito scardinare con forza è quello dell’identità. Una necessità di rivedere la mia identità professionale e personale. L’opportunità di lavorare in team porta ad interrogarsi sia sul proprio ruolo, competenze e specificità ma anche sui propri valori e credenze che muovono il quotidiano agire didattico.”
…dalla scuola media
“È importante non dimenticarsi che sono allievi con BES anche a casa. La SM richiede molto lavoro e molta organizzazione (tante consegne, firme, verifiche) che non sono scontate da gestire. Il quotidiano del docente porta ad occuparsi del funzionamento ottimale dell’allievo e del suo contesto in classe. È importante trovare con loro delle strategie per poter svolgere i compiti in modo sereno anche a casa e per non dipendere dal sostegno dei genitori (che non possono essere costantemente disponibili come lo siamo noi insegnanti in classe). Inoltre mantenere il ritmo degli allievi regolari per loro può essere un grandissimo sforzo (sia a casa che a scuola) quindi vale la pena ogni tanto alleggerire il programma, spezzettarlo su più tempo o pianificare delle pre-verifiche per rassicurarli che possono riuscire come gli altri ad imparare quello che è richiesto.”
Bibliografia
CSEQ (2017). Pour une école riche de tous ses élèves. S’adapter à la diversité des élèves, de la maternelle à la 5e année du secondaire. Québec : Conseil supérieur de l’éducation du Gouvernement du Québec.
Giovannini, V., & Mainardi, M. (2019). Docenti di classi/sezioni inclusive. Condividere e confrontarsi per evidenziare e capitalizzare l’innovazione. Studio esplorativo. Rapporto interno (non pubblicato), Locarno: DFA, SUPSI.
Mainardi, M. (2021). L’accessibilité pédagogique: un catalyseur de pratiques novatrices. In S. Ebersold (Ed.). L’accessibilité ou la réinvention de l’école (pp. 63-80). London: ISTE Edition.
Mainardi, M. (2022) L’educazione speciale in Ticino: una breve cronostoria. Verifiche : cultura, educazione società. Anno 53, N° 03 ; ottobre 2022, p.8-10.
Mainardi, M., & Giovannini, V. (2020). Insegnare in classi inclusive. Agire e capitalizzare l’innovazione: l’esperienza ticinese. Locarno: Centro competenze bisogni educativi, scuola e società (BESS), DFA, SUPSI.
OCDE (2014). Environnements pédagogiques et pratiques novatrices. Paris: OCDE. Winebrenner, S. (2001). Teaching gifted kids in the regular classroom: Strategies and techniques every teacher can use to meet the academic needs of the gifted and talented. Minneapolis: Free Spirit Publishing.