Educazione e inclusione


“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.” Albert Einstein

Dall’educabilità all’inclusione

A cura di Michele Mainardi, Prof.dr (SUPSI-DFA)

Nel 1846, Edouard Séguin pubblica il suo libro “Traitement moral, hygiène et éducation des idiots”, considerato il primo trattato che affronti le esigenze dei bambini con ritardo intellettuale. L’opera è molto critica nei confronti delle condizioni di vita in istituto di quelle persone che allora venivano chiamate idioti. Egli attribuisce ai medici dell’epoca, che allora erano i principali custodi di queste persone, il grave errore di non riconoscere la loro educabilità, le loro differenze individuali, ma neppure gli effetti che le condizioni degradanti di istituzionalizzazione portano con sé (citato anche in Canevaro e Gaudreau, 1988). L’assenza di attenzioni ne ha plasmato non solo il comportamento ma anche la fisionomia: stampo ed espressione di un momento da dimenticare.

Nel corso del tempo quattro approcci distinti caratterizzano le principali attenzioni (curative, ri-educative e finalmente educative) rivolte ai bambini e ai giovani con disabilità prima e con bisogni educativi speciali (da quando sono riconosciuti come tali) poi:

(1) trattare e modificare la situazione di disabilità, il disturbo, attraverso interventi curativi (paradigma medico);

(2) compensare il deficit o il disturbo sviluppando altre abilità per compensarne gli effetti (paradigma compensativo);

(3) adattare l’intervento pedagogico, didattico e organizzativo per ridurre al minimo l’impatto del deficit o del disturbo sull’esperienza individuale (paradigma funzionale);

(4) sviluppare la capacità di gestione dell’eterogeneità in conformità con la dichiarazione universale dei diritti umani e il principio di equità (paradigma dei diritti umani) all’interno di situazioni usuali normalmente inclusive ossia: capaci di compensare le caratteristiche deficitarie di qualcuno mettendo loro a disposizione entro spazi comuni e di accesso comune, analogamente a quanto messo a disposizione agli altri, il necessario per proporsi così come sono entro tali spazi (situazioni e ambienti) senza che questo, ad esempio a scuola, porti il benché minimo pregiudizio a loro o agli altri per quanto concerne la qualità degli ambienti scolastici, la quantità e la qualità delle esperienze di vita e di apprendimento e lo sviluppo di relazioni e competenze tanto disciplinari quanto trasversali.

Nella prima metà del XX secolo, i sistemi educativi e formativi della scuola dell’obbligo identificano e applicano progressivamente delle linee di differenziazione strutturale e separativa fra l’educazione formale detta regolare (mainstream) e l’educazione speciale. Su questa base quest’ultima prende se più forza e acquisisce competenze sempre più importanti di pedagogia specializzata.

Dalla seconda metà degli anni ’70, si osserva un’offensiva integrativa. L’attenzione della pedagogia specializzata non è più circoscritta esclusivamente ai luoghi dell’educazione speciale e la scuola regolare si apre a nuove realtà. Risultati probanti moltiplicano lo sviluppo di esperienze integrative e concorrono a rimettere chiaramente in discussione l’idea secondo cui “le attenzioni speciali richiederebbero luoghi speciali”. La scuola accetta l’integrazione e in termini più generali valorizza la propria capacità di differenziare l’attenzione pedagogica e accogliere l’eterogeneità, supportata e spinta in questo da una società sempre più liquida e da scelte istituzionali conseguenti. L’educazione speciale si libera da vincoli che la limitavano all’interno dei contesti educativi speciali nel momento in cui la scuola regolare rivede o discute in forma esplicita o implicita alcuni suoi assunti di base che fino al quel momento definiscono nel dettaglio gli elementi costitutivi di quanto oggi con l’OCDE (2014) è usuale definire il nucleo pedagogico degli ambienti scolastici regolari cosi come le loro connessioni e le dinamiche interne:

  1. «il raggruppamento degli allievi»; come la scuola raggruppa o separa gli allievi e fra loro?
  2. «il raggruppamento dei professionisti»; (come la scuola raggruppa o separa docenti e altri operatori scolastici specializzati o meno fra loro e come concepisce responsabilità e funzioni?)
  3. «la pianificazione delle forme e della collocazione nel tempo degli apprendimenti»; (come la scuola definisce e organizza gli apprendimenti nel tempo e con quali vincoli/conseguenze su 1 e 2? )
  4. «le pedagogie e le pratiche valutative»; “come la scuola agisce nel formare e educare e perché, come, quando e cosa valuta?)

Questo processo evolutivo dei sistemi e delle società si riflette nelle modalità, nei tempi e nelle azioni politiche specifiche di ogni sistema educativo ma il processo ha preso forma e spessore e si sviluppa in modo irreversibile e universale.

Il paradigma che considera l’integrazione di ieri e l’inclusione di oggi come una finalità e uno strumento educativo imprescindibili, si afferma alla fine degli anni ’90 in Europa come scelta imperativa della Scuola.

Dall’episodio integrativo eccezionale ad una scuola normalmente accessibile

La scalata di una montagna è il risultato di sforzi ripetuti, pazienti e lunghi, che devono tenere conto delle condizioni ambientali e del ritmo di avanzamento di ciascun membro della cordata. Se il raggiungimento della vetta è considerato una vittoria, spesso si dimentica che la cordata deve tornare giù. Solo alla fine dei due percorsi la cordata può dire di essere riuscita nella sua scalata. Due diversi processi guidano anche l’innovazione scolastica e sono necessari e complementari per il successo dell’inclusione (Mainardi, 2010, p.315-316).


L’innovazione in situazione, in un approccio bottom-up, può essere paragonata al lavoro di un artigiano che deve realizzare un progetto con elementi dati, aventi caratteristiche uniche, particolari e specifiche di una situazione contingente. Questo artigiano è inserito in un contesto di lavoro con pianificazioni, azioni e attenzioni altrettanto contingenti. L’effetto dell’incontro fra questi elementi è una situazione specifica, nel senso che l’insieme delle variabili su cui può lavorare, così come quelle che costituiscono la situazione, è un insieme unico, originale e particolare (non universale).


L’inclusione dipende dalla possibilità di entrare con successo nel merito della considerazione della seconda fase del processo. Infatti, l’altro lato della montagna, l’approccio “top down” comporta l’assimilazione (e la verifica) delle evidenze e l’accomodamento dei cambiamenti di paradigma imposti dall’innovazione oltre la situazione contingente.


Questo doppio processo implica la possibilità della presenza simultanea di due preoccupazioni pedagogiche centrali nel campo educativo: una preoccupazione prevalentemente “normativa” e una preoccupazione finalmente “inclusiva” che vanno considerate e fatte evolvere assieme.

Lo sviluppo di una scuola dell’accessibilità richiede che l’educazione formale possa riconoscersi come normalmente speciale e naturalmente inclusiva.

Bibliografia

Canevaro, A., & Gaudreau, J. (1988). L’educazione degli handicappati. Dai primi tentativi alla pedagogia moderna. Roma: La Nuova Italia.

Mainardi, M., & Martinoni, M. (2020). L’école inclusive (élèves en situation de handicap). In: Dictionnaire de politique sociale suisse /Woerterbuch der schweizer sozialpolitik (pp. 184-186). Seismo Verlag – Sozialwissenschaften und Gesellschaftsfragen; CH-Zürich.

Mainardi, M. (2010). Pour une pédagogie inclusive. Centre universitaire de Pédagogie curative, Université de Fribourg-CH, n. 15, p. 345.

Séguin, E. (1970). Traitement moral, hygiène et éducation des idiots (pp. 71-72). Riedizione dell’opera originale del 1846.

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