Può un limite fisico impedire a qualcuno di seguire le sue passioni e i suoi obiettivi?
Concetti
A cura di Cláudia A. Bisol e Carla Beatris Valentini, Universidade de Caxias do Sul
Il detto popolare che “ogni caso è a sé” è molto saggio. Ogni caso è davvero diverso, quindi quando incontriamo un bambino, un adolescente o un adulto, sia in una situazione di educazione inclusiva che in un ambiente di lavoro, è importante prestare attenzione alla storia, alle particolarità, ai dettagli.
Naturalmente, non tutti hanno bisogno delle conoscenze di un fisioterapista o di un medico. Ma ci sono conoscenze importanti che aiutano a costruire strategie che possono facilitare l’apprendimento e la vita scolastica. Oppure, nel caso di un’azienda, le conoscenze possono aiutare un dirigente a organizzare la routine lavorativa di un dipendente con disabilità.
Un modo di considerare “ogni caso” è attraverso la comprensione dei principali fattori che causano una disabilità fisica. Le tipologie più frequenti di disabilità fisica possono essere organizzate in due gruppi principali:
- Condizioni relative a lesioni neurologiche non evolutive: la situazione della persona con disabilità fisica è più stabile, ovvero non ci si aspetta un peggioramento delle condizioni di salute o un aumento delle difficoltà dell’individuo. Come esempi, si possono citare la paralisi cerebrale e il trauma del midollo spinale.
L’uso di risorse adeguate e la stimolazione appropriata tendono a fornire una maggiore indipendenza e autonomia (anche se, in alcuni casi più gravi, questo aumento è sottile).
- Condizioni progressive, legate a tumori del sistema nervoso centrale o a malattie genetiche: si tratta di situazioni che tendono ad aumentare progressivamente le difficoltà funzionali e di salute. Come esempi delle malattie genetiche più comuni, possiamo citare la distrofia muscolare progressiva di Duchenne, l’amiotrofia spinale infantile, la distrofia muscolare congenita, la distrofia miotonica di Steinert e le miopatie congenite, strutturali e non strutturali (Reed, 2002).
L’uso di risorse adeguate e di stimoli appropriati può aiutare molto nella vita quotidiana, promuovere una maggiore qualità di vita e fornire miglioramenti in termini di indipendenza e autonomia. Tuttavia, l’evoluzione delle malattie può portare a perdite visibili nel tempo.
Un altro modo di considerare “ogni caso” può essere quello di provare a rispondere ad alcune domande. Si tratta di domande relativamente semplici, alle quali è possibile rispondere sulla base dell’osservazione e dell’interazione con la persona con disabilità e la sua famiglia. La prima domanda è direttamente legata a quanto detto in precedenza: si tratta di una condizione evolutiva o di una lesione non evolutiva? Può essere inoltre importante porsi le domande:
- Ci sono cambiamenti nella sensibilità tattile, termica o dolorosa?
- Ci sono complicazioni associate, come epilessia, problemi respiratori, cardiovascolari o altro? Ci sono disabilità sensoriali (deficit dell’udito o della vista), disabilità intellettiva o autismo associati?
- Sono necessari ricoveri ospedalieri regolari?
- C’è bisogno di forme alternative di comunicazione?
Definizioni più specifiche per ogni caso possono essere facilmente trovate nella letteratura specializzata. La ricerca aiuta: l’informazione permette di correggere miti, facilitare percorsi e agevolare la costruzione di strategie.
Tuttavia, nessuna informazione sostituisce la sensibilità e le relazioni che possiamo instaurare con la persona che esiste al di là di una malattia, una sindrome, un seguito… Contare sulla propria persona e lavorare in modo collaborativo aiuterà a costruire le migliori condizioni di lavoro, apprendimento e partecipazione. La persona è molto più di una lesione e molto più di una diagnosi.
Conoscere alcune delle condizioni concrete aiuta a rimuovere le barriere architettoniche e attitudinali che impediscono il pieno sviluppo del potenziale di ogni persona.
Bibliografia
Reed, UC. Doenças neuromusculares. J Pediatr. Rio de Janeiro,78 Suppl 1:S89-S103, 2002.
Schirmer, C.; Browining, N.; Bersch, R.C.R., & Machado, R. Atendimento Educacional Especializado: Deficiência física. São Paulo: MEC/SEESP, 2007.
TESTO ORIGINALE: Bisol, C. A. & Valentini, C. B. As deficiências físicas: conceitos. Projeto Incluir – UCS/FAPERGS/CNPq, 2015. Disponibile qui.
In allestimento
Parlarne in classe
Mettersi nei panni di…
Attività N° 28 del Manuale In classe con la diversità (v. Sezione “Inclusione”)
Lo scopo dell’attività è quello di far capire cosa prova la persona con una disabilità fisica e scoprire come ridurne l’handicap attraverso vari strumenti a disposizione. Per prima cosa è necessario situare e spiegare il tipo di deficit, per questo si può usare l’apposita lavagna magnetica presente nella valigia (v. Sezione “Inclusione” -> “In classe con la diversità”), coprendo gli arti con le calamite corrispondenti. Questa lavagna può essere utilizzata anche per coprire gli occhi e le orecchie quando si parla di cecità e di sordità.
In seguito, viene chiesto agli allievi di fare determinate attività quotidiane senza poter usare degli arti (le braccia o le gambe). Questo esercizio permette agli allievi di sperimentare in prima persona cosa prova una persona con questo tipo di disabilità, quali difficoltà deve affrontare e soprattutto aiuta gli allievi ad individuare le risorse o i comportamenti che possono facilitare l’inclusione e la partecipazione delle persone con disabilità fisiche. Il docente anima poi una discussione collettiva sull’esperienza svolta. Essa può portare, per esempio, su questi aspetti:
- gli ausili e le nuove tecnologie che possono favorire la quotidianità di chi ha questo tipo di deficit, mostrando per esempio delle immagini o dei video;
- l’autonomia che riescono comunque a raggiungere, che non significa però che non possano aver bisogno di aiuto;
- le competenze particolari che sviluppano (si possono mostrare degli esempi concreti di sportivi, artisti o altre persone che hanno sviluppato una particolare abilità);
- le barriere architettoniche e l’importanza di avere un ambiente accessibile.
Testimonianza
La testimonianza di una persona con un deficit è un altro importante elemento di sensibilizzazione. In questo caso, la presenza di una persona con una disabilità fisica che viene in classe a raccontare la sua esperienza, la sua quotidianità e le sue difficoltà, spiegando altresì quello che ognuno nel suo piccolo può fare per aiutare, è senza dubbio l’opzione che meglio permette di porre la persona davanti al suo deficit e dà la possibilità di interagire e porre domande. Purtroppo non sempre questo è possibile, l’alternativa può essere quindi quella di mostrare dei video-testimonianza, come quelli riportati qui: